Sicilia On the road - 2005
Fu quindi terra di conquista e, durante l'Alto Medioevo, conquistata da Vandali, dagli Ostrogoti, dai Bizantini, dagli Arabi e dai Normanni con questi ultimi che fondarono il Regno di Sicilia. I Normanni furono l'unico popolo nordico (germani settentrionali) a conquistare e fondare uno stato nordico in Europa meridionale, il Regno di Sicilia, che durò dal 1130 al 1816; fu conquistato dagli Angioini e con la rivolta del vespro passò agli Aragonesi. L'isola poi divenne un vicereame di Spagna, passò brevemente ai Savoia e all'Austria e, infine, nel XVIII secolo, ai Borbone, sotto i quali, unito il regno di Sicilia al regno di Napoli, sorse nel 1816 il Regno delle Due Sicilie. La Sicilia fu unita allo Stato italiano nel 1860 con un plebiscito , in seguito alla spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi durante il Risorgimento. A partire dal 1946 la Sicilia, è divenuta regione autonoma, e dal 1947 ha nuovamente un proprio parlamento, l'Assemblea regionale siciliana o ARS, istituita ancor prima della nascita della Repubblica italiana.
(Fonte: Wikipedia.org)
Vedere la Sicilia da Villa San Giovanni mi rallegra, non vedo l’ora di approdare e scoprire l’isola italiana con più storia alle spalle…
Mi sono così scoperta innamorata della storia, soprattutto delle origini, che in meno di un mese ho percorso il perimetro siciliano addentrandomi solo ed esclusivamente per la visita di qualche sito archeologico. Lo sapesse la mia professoressa di storia…
Sabato 30 Luglio 2005 - 6,30 - Km 33.709
La sveglia suona alle 6:30 ma come ogni volta che parto l’eccitazione è così tanta che mi fa dormire poco, l’idea era quella di viaggiare con il fresco almeno finché si poteva. Il caldo è arrivato ben presto ma viaggiando in moto ce ne si accorge solo durante le soste. Partenza da Corsico, e da lì ho imboccato subito la tangenziale in direzione del casello Con poca sorpresa ho constatato che parecchi milanesi avevano scelto quell’orario per la partenza, ma fortunatamente sono passata via tranquilla. Ho percorso l’A1 fino a Modena Sud, un amico ha suggerito di non perdere assolutamente la Cassia per arrivare a Roma, consultando la cartina ho pensato che uscendo prima avrei potuto fare anche la Futa. Uscita dall’autostrada ho percorso prima la Statale 9 per raggiungere Bologna, poi la Statale 65, conosciuta anche come statale della Futa, ho così attraversato il Passo della Raticosa e poi finalmente il Passo della Futa, dove peraltro mi sono fermata a pranzare, fiorentina al sangue ovviamente... A stomaco pieno sono ripartita per raggiungere la Statale Cassia (SS2). Ho ammirato le colline toscane in tutta la loro bellezza, senza addentrarmi nei mille scorci da favola che incontravo, perché il tempo scorreva rapido e se volevo dormire a Roma come previsto non potevo pascolare troppo in giro. Ad ogni modo, nonostante i buoni propositi me la sono presa con particolare calma e sono giunta a Roma a sera inoltrata.
Domenica 31 Luglio 2005 - 7,30
Dopo aver caricato la moto sono partita. Lo scopo della giornata non è approdare in terra siciliana ma avvicinarmici il più possibile. Con questo proposito cerco di stare in moto a lungo, fino a che un poco alla volta il buio mi avvolge completamente e capisco che è giunta l'ora di fermarmi. Scorgo un campeggio sulla strada e decido di fermarmi lì per la notte. Il giorno successivo, la "discesa" verso la Calabria è alquanto stancante. Qui non c’è nulla da vedere (o almeno così mi sembra di primo acchito), ma iniziare una vacanza in modo massacrante con ritmi serrati non porterebbe nulla di buono, quindi scelgo di fare una sosta e di godermi la spiaggia calabrese.
Martedì 2 Agosto 2005 - 8,30
La sveglia è relativamente sul presto. Smonto la tenda e carico Raja (la moto). Finalmente oggi arriveremo in Sicilia, anche se al risveglio una piccola sorpresa mi coglie: Gastroenterite acuta con febbre! Ma questo lo scoprirò solo stasera in terra siciliana quando, presa dagli spasmi, andrò in guardia medica. Continuo a percorrere la statale 18, il porto di Villa San Giovanni mi aspetta. E sembra salutarmi e darmi il benvenuto. Strada facendo non posso non ammirare la Sicilia che si staglia oltre il mare, non vedendo l'ora di approdare oltre lo stretto e di fare altrettanto con la costa calabra. La giornata non è bellissima, mi avvolge un po’ di foschia, il clima ideale per viaggiare senza aria condizionata. L’imbarco è stato semplice, noto con sorpresa che sono l’unica moto. Pazzi come me ce ne sono pochi al mondo! Dopo una breve traghettata finalmente sbarchiamo (impresa più complicata in moto perché le auto hanno ingorgato la discesa e ho impiegato più tempo del previsto, almeno per poterne uscirne incolume) così inizio subito a dirigermi verso la zona prefissata per montare la tenda e riposarmi un po'. Le gite per scoprire le meraviglie dei posti vicine le farò nei prossimi giorni, quando la febbre mi lascerà un po' in pace.
Giovedì 4 Agosto 2005 - 9,00
Finalmente la febbre ha iniziato a scendere così vado a guardare la Calabria dalla costa siciliana e per poterlo fare devo arrivare a Torre Faro. Per andare a prendere l'autostrada percorro la SS113 che passa davanti a Piraino dove mi fermo per fotografare la Torre delle Ciaule. Per il ritorno ho deciso di seguire dei cartelli che indicano la strada statale panoramica sullo stretto, così imboccata questa statale mi sono fermata sulla terrazza che permette di vedere lo stretto in tutto il suo splendore.
Sulla costa, tra Gioiosa Marca e Gliaca, protesa verso il mare si erge la Torre delle Ciaule. Di base quadrata, costruita con grossi blocchi di pietra su uno sperone roccioso, la torre costituisce un magnifico esempio di quel sistema difensivo approntato lungo le coste siciliane intorno al 1500. Era presidiata giorno e notte da quattro soldati con armamento di artiglieria. Ad essi spettava il compito di controllare i vascelli in transito o di lanciare l'allarme in caso di incursioni piratesche, in quell'epoca assai frequenti.Sabato 6 Agosto 2005 - 7,30
Oggi febbre o non febbre si parte! Percorro la strada provinciale 113, la prima tappa è la zona archeologica halaesa arconidea, vicino a Castel di Tusa. In realtà non era una tappa prefissata ma ho scoperto di non saper resistere ai cartelli marroni che indicano i posti storici da visitare... sono così carini, sembra quasi che mi chiamino ad esplorare le meraviglie che pubblicizzano... Sono ormai a Cefalù quando il pancino inizia a reclamare cibo, così mi guardo intorno e scorgo un ristorantino sul porto. Prima o poi guarirò del tutto e potrò concedermi qualcosa di diverso dal riso bollito, ma per ora preferisco aspettare ancora un po’. Raggiungo la tappa odierna in serata, Scopello, dove non mi resta che montare la tenda nell'ennesimo campeggio. Per trovarlo senza problemi sono partita attrezzata con la "Guida ai campeggi d’Italia" della Michelin (lo so, lo so, mi piace vincere facile!). La scelta è caduta sul campeggio Guidaloca perché... beh, attraversi la strada e sei in spiaggia, cosa c'è di più pratico? Per la cena mi affido al bar/ristorante del campeggio, poi faccio appena in tempo di tornare in tenda e sono già tra le braccia di Morfeo. Il giorno dopo l'ho passato per la maggior parte in spiaggia (si lo so, sembra che mi stia rammollendo e che preferisca fare la classica vita da turista stravaccata piuttosto che l'esploratrice come mio solito, ma anche io ogni tanto mi coccolo un po'...). Solo verso sera sono andata in avanscoperta del posto, così con la scusa di un bel ristorantino per la cena (dite che me ne sto passando coi ristorantini?) ho dato un'occhiata alla tonnara di Scopello, e alla fine di una strada sterrata di facile percorribilità mi sono trovata alla Riserva dello Zingaro, con la lampadina posteriore fulminata. Per fortuna ne ho sempre qualcuna con me… (lampadine di riserva in "Riserva" :-) ).
La zona archeologica Halaesa Arconidea
Si tratta delle vestigia di una città sicula fondata nel 403 a.c. da Arconide, tiranno di Herbita. Essa conobbe lo splendore in età romana e in quella cristiana, quando fu sede vescovi le, e successivamente fu distrutta dagli arabi. Gli scavi hanno riportato alla luce grandiosi contrafforti dell'acropoli e il sito dell'antica Agorà. Questa presenta imponenti muri di terrazzamento ci bugnato del periodo ellenistico, basamento di un tempio dedicato ad Apollo. Ulteriori indagini hanno rilevato la presenza di un impianto urbano a scacchiera regolare, avente le vie lastricate con mattoni parallele a una grande strada centrale che dalla porta Sud della città conduceva all'Agorà. Tale sistema viario è dell'età cristiano- bizantina. In cima alla collina sorgeva un tempio, oggi non più visitabile.Sabato 6 Agosto 2005 - 12,30 - Località di Scopello
Percorrendo la statale 187 da Castellammare verso Trapani si arriva al bivio Scopello, quindi ci si immette su una provinciale che attraversa un panorama fortemente frastagliato a picco sul mare. Vegetazione stepposa, habitat ideale per carrubo e ulivo. Scopello è un bellissimo borghetto che si affaccia sulla sua tonnara, in una splendida baietta bagnata dal mare. La tonnara purtroppo sembra ormai da diversi anni inutilizzata.
paradiso naturale miracolosamente integro nella sua impareggiabile bellezza. Piccoli sentieri opportunamente disegnati sui dirupi, che finiscono nel mare o si inerpicano sui monti, consentono di attraversare uno degli ambienti più spettacolari del Mediterraneo. Il percorso è un continuo alternarsi di pareti a picco sul mare, aspri promontori, magnifiche calette, spiagge dorate, antri e cunicoli sottomarini, stretti valloncelli che si specchiano in un mare incontaminato dai toni cangianti, sempre limpido. Prima riserva naturale istituita in Sicilia, lo Zingaro è un ambiente di notevole interesse vegetazionale e floristico per la presenza di piante rare e endemiche, ma forse anche di più dal punto di vista faunistico, in questa zona nidificano decine di specie di uccelli tra cui il falco pellegrino, l'aquila del Bonelli, paia ne, gheppi, nibbi reali e altri volatili in via di estinzione. Essa si rivela importante anche dal punto di vista archeologico per la presenza al centro della riserva della Grotta dell'Uzzo sede dei primi insediamenti umani in quest'area. Molto ben organizzata dal punto di vista della fruizione (sentieri con indicazioni, rifugi, punti-acqua, aree attrezzate, musei, parcheggi d'auto), la riserva è visitabile unicamente a piedi.Lunedì 8 Agosto 2005 - 8,00
Per scoprire Capo san Vito e ciò che di bello c'è da vedere oltre la Riserva dello Zingaro mi sono ritagliata una giornata intera. Dopo una visita breve alle mura del Castello di Baida, incontrato per strada, parto percorrendo una strada sterrata, che sembrava facile all’inizio ma si è rivelata impegnativa nel mezzo. Questa strada mi ha portata sull’altro versante della Riserva dello Zingaro. Dopo le solite foto di rito sono risalita in sella e ho cercato la Grotta Scurati, ma quando l’ho trovata era chiusa. Lo stomaco inizia a farsi sentire, guardo l'ora e mi accorgo che sta passando l’ora di pranzo. L’unico posto aperto con qualcosa da mangiare sulla strada di San Vito lo Capo è un bar tavola fredda. Dopo aver mangiato sono partita alla ricerca di Custonaci e dei suoi scavi, ma sfortunatamente nei tre tentativi fatti ho trovato solo la torre di Caronia (ed ho iniziato a chiedermi se la prossima volta oltre alla "guida ai Campeggi" non sia il caso di procurarmi anche una "Guida ai luoghi caratteristici"... tanto i ristorantini li trovo a naso!). Ho parcheggiato la moto perché la strada si stringeva e se avessi continuato non so se avrei potuto girarla per tornare indietro. Ho fatto un piccolo tratto a strapiombo sul mare a piedi, giusto per fare qualche foto. Lungo la strada del ritorno dalla torre non ho visto un sasso che ha spaccato in mille pezzi l’interruttore del cavalletto (praticamente senza di lui mi sono accorta che la moto si spegne e non c'è possibilità di riaccenderla). L'ho sistemato alla bella e meglio con una Daygumm e un elastico per capelli (da bambina ero una grande fan di McGiver!), ma degli scavi nemmeno l’ombra. Così decido di dirigermi verso Erice, località sita su una montagna che mostra un panorama mozzafiato di Capo San Vito e di Trapani. Le antiche mura racchiudono un piccolo borgo. Prima di tornare al campeggio faccio una capatina al belvedere di Castellammare Del Golfo per scattare qualche foto e fare 2 riprese.
Residuato del maniero, alcuni tratti di mura e i ruderi dei torrioni, oltre al prospetto merlato e il portale che apre sul cortile interno. E' come entrare in un mondo antico! Le famiglie che abitano qui sono dedite a lavorazioni artigianali del tempo passato che ormai raramente si trovano anche nei centri minori. Sui muri vicino alle porte sono appesi lunghi grappoli di coloratissimi pomodori e il cortile è pieno di tavole di legno con centinaia di questi ortaggi tagliati a metà. Sotto il caldo sole siciliano seccheranno in pochi giorni e si manterranno per mesi per la gioia delle "abbuffate" invernali. In un angolo si trova la salsa di pomodoro spalmata su lunghe tavole sempre di legno che dopo alcuni giorni dello stesso trattamento e un continuo rispalmare e girare della massa rossa, diventerà l'indispensabile 'estratto', ingrediente di molte pietanze siciliane.
Località della Grotta Scurati
Percorrendo la strada panoramica che correndo lungo la costa collega Trapani con Castellammare si giunge a Custonaci, alle falde del Monte Bufara, base ideale per numerose escursioni di interesse naturalistico ma anche storico. Particolarmente facile ma non per questo meno suggestivo è quella che conduce all'accesso e all'esplorazione della Grotta Mangiapane, detta anche Grotta Scurati. Al suo interno si ripara un piccolo, vecchio agglomerato rurale, costituito da case di un sol piano e completo di cappella e di strada acciottolata. Di notevole interesse sono inoltre le incisioni presenti sulle pareti della grotta, che possono farsi risalire al Paleolitico superiore. Il fascino di questo villaggio abbandonato, con le case squadrate dai colori della terra bruciata, è possibile riassaporarlo nel periodo natalizio, quando al suo interno viene allestito un suggestivo Presepe Vivente, all'interno del quale gruppi figuranti mettono in scena la vita quotidiana della Sicilia rurale di inizio secolo. In altri periodi dell'anno la stessa struttura viene utilizzata per ospitare un Museo Vivente dei Mestieri. Non lontano dalla Grotta Scurati si eleva a picco sul mare lo splendido monte Cofano, ricco di storia, natura e paesaggi incontaminati.Erice
Il suo nome deriva dal siculo-italico Eryx, che significa 'monte' e si sorge sulla sommità del Monte San Giuliano, a 571 mt d'altezza La zona, di straordinaria bellezza, e naturalmente munita, fu abitata sin dai tempi del Paleolitico Superiore e del Neolitico (le grotte). Fu città elima, poi sotto l'influenza dei Cartaginesi (il suo tempio, famosissimo nell'antichità, dedicato al culto della fertilità e dell'amore fu dedicato alla dea Astarte dai Cartaginesi, ad Afrodite dai Greci e a Venere Ericina dai Romani) ed in seguito contesa dai Greci per le sue immense ricchezze. Distrutta durante la 1^ guerra punica dai Cartaginesi, che ne trasferirono gli abitanti a Drepanon (Trapani), Erice fu conquistata dai Romani nel 248 a.C., i quali riportarono all'antico splendore il tempio, dedicandolo alla dea Venere. Seguì poi le vicende storiche di tutta l'isola: fu bizantina, poi araba, quindi normanna. I Normanni ripopolarono la città, costruendovi il famoso Castello. Durante il Medio Evo vi furono edificate chiese e conventi, e da allora, tranne qualche palazzo barocco, la roccaforte e rimasta la stessa. All'interno della cinta muraria (di cui sono rimaste tre porte di epoca medievale) si può ammirare il Duomo, edificato nel Trecento, il Castello normanno, la chiesa di San Martino, anch'essa normanna, la chiesa di San Domenico (oggi sede del Centro scientifico Ettore Majorana), il museo civico, e tutto l'incantevole paesino, dalla struttura tipicamente medievale. E' stata inaugurata di recente una funicolare che parte da Trapani.Martedì 9 Agosto 2005 - 9,30
Oggi prima di partire per la prossima tappa mi avventuro alla scoperta del sito archeologico di Segesta che mi porterà via tutta la mattinata, così smontata la tenda e preparato i bagagli li lascio alla reception del campeggio e parto. Prendo l’autostrada per fare prima. Dopo la visita al sito archeologico mi aspetta un bel tappone per raggiungere Agrigento. Mangio un panino al belvedere di Castellammare del Golfo, recupero e carico i bagagli e parto alla volta di Agrigento.
Sulla strada vedo mille cose e siti che mi interessano, ma è pomeriggio inoltrato e ho un po’ di fretta, chissà magari un giorno tornerò… Tornerò? Tornerò! Arrivo ad Agrigento tardo pomeriggio, per fortuna c’è ancora luce ma decido di dormire in albergo in quanto sono in città, alla fine non so quanti campeggi potrei trovare nella zona. L’idea dell’albergo mi è così piaciuta che nemmeno guardo la guida ai campeggi. Alla fine è pur sempre una vacanza, qualche coccola me la devo anche concedere!
Segesta
Sulle origini di Segesta e dei suoi abitanti si sa ben poco e diverse sono le leggende che parlano della sua fondazione. Virgilio la immagina fondata da Enea, che diede il nome di Aceste re di Erice, per lasciarvi i Troiani che non volevano più seguirlo nella sua impresa. Un’altra leggenda attinge dall’Eneide attribuendo la fondazione ad Aceste, figlio del dio fluviale Crinito e della troiana Acesta, che vi avrebbe trasferito i troiani rifugiati ad Erice ed infine l’ultima, di origine elima, dove Enea dedica la città alla ninfa Segesta grato per l’ospitalità ricevuta. Di certo Segesta fu il capoluogo politico degli Elimi grazie alla sua posizione strategica posta tra le città puniche delle coste settentrionali e occidentali. Fu eterna nemica di Selinunte (Diodoro Siculo riferisce di un primo scontro tra le due città nel 576 a.C.) contro la quale, nel 409 a.C. grazie all’aiuto di Cartagine, sferrò un attacco che portò alla distruzione della città. Ma l’amicizia con Cartagine scatenò le ire di Dionisio II, tiranno di Siracusa, che assediò la città nel 397 a. C., mentre nel 307 a.C. , con il siracusano Agatocle, Segesta venne distrutta e i suoi abitanti, come racconta Diodoro, subirono le più atroci torture. Terminata “la punizione” Agatocle rifondò la città chiamandola Diceopoli ovvero “città della giustizia” o “della punizione”. Con l’avvento dei romani Segesta fu tra le prime città siciliane a sostenere Roma, in virtù di una comune discendenza dal “giusto figliuol d’Anchise”, e ciò le valse lo sgravo delle tasse, l’assegnazione di vasti territori e la dichiarazione di civitas immunis et libera. Con la caduta dei romani e le invasioni dei Vandali, dei Saraceni e diversi terremoti segnarono la scomparsa di Segesta che rimase nota solo per il tempio e il teatro.
Alla pendici del monte Barbaro è situato il tempio, risalente al V secolo a.C., edificato secondo i canoni dell’architettura dorica ed è costituito da uno stilobate (basamento) a tre gradini, da colonne con scanalate alte 9.36 metri, sei sulla fronte e quattordici sui lati, distanti tra loro 2,40 metri il cui fusto è composto da 10/12 rocchi. Al fine di correggere illusioni ottiche le colonne presentano un leggero rigonfiamento, raffinatezza riscontrabile anche nel Partendone di Atene. La struttura è sormontata da architrave e fregio con dei timpani sulla fronte, è a cielo scoperto priva di cella della divinità e manca di alcune rifiniture quali i blocchi dei gradini, non scalpellati, e gli abachi (elementi di forma quadrata su cui poggia l’architrave) risultano incompleti. La mancanza di rifiniture e la mancanza della cella, essendo i templi greci costruiti dall’interno verso l’esterno, smentisce l’ipotesi che l’edificio fosse rimasto incompiuto per qualche misterioso motivo. Si ritiene pertanto che si tratti di un peristilio pseudotemplare (volutamente a cielo aperto) innalzato per dare prestigio ad un culto locale non greco.
Il teatro è sito a circa 400 metri s.l.m. sulle pendice settentrionali del Monte Barbaro e, a differenza degli altri edifici di questo tipo, è rivolto verso nord probabilmente per godere dello stupendo panorama che abbraccia il mare e i monti Erice, Bonifato ed Inici. La sua datazione è incerta ma presumibilmente risale al IV secolo a.C., la sua cavea semicircolare, di 63 metri di diametro delimitata da un robusto muro di contenimento, è costituita da venti gradinate scavate nella roccia e spartite in sette cunei digradanti verso l’orchestra a forma di U. Quest’ultima era dotata di un passaggio sotterraneo che consentiva agli attori di comparire improvvisamente sulla scena. La scena, purtroppo giunta ai giorni nostri mutilata, era costituita da un sontuoso edificio a due piani delimitato da due muri laterali ornati con figure di Pan e decorata, nella parte anteriore, da due telamoni.
Mercoledì 10 Agosto 2005 - 8,00
Quando torno al campo base richiudo i pochi bagagli aperti per la notte e li lascio in reception, saldo il conto e percorro la strada che mi separa dalla mia mèta. Parcheggiata Raja mi metto in fila per entrare. La visita alla Valle dei Templi, mi porta via tutta la mattina. Passeggiare in mezzo ai templi grechi, che si stagliano verso un cielo che oggi è limpido e privo di nuvole di un azzurro brillante, mi fa sentire davvero piccola, e giovane. Queste antiche costruzioni sono sopravvissute per secoli e secoli. Sono testimone a mio modo del messaggio sussurrato dai popoli che veneravano gli dei per cui costruirono queste meraviglie, e perché no, anche dei discorsi degli dei: influenzata dai cartoni della mia infanzia che si è svolta negli anni 90, immagino una piccola Pollon che scorrazza da queste parti combinandone qualcuna delle sue. Questa sera vorrei arrivare a Portopalo di CapoPassero.
La Valle dei Templi rappresenta, tutt'oggi, la testimonianza più sublime della civiltà greca in Sicilia. Tra le campagne colme di mandorli in fiore, lo sguardo si poggia sui meravigliosi ruderi dei templi che nel tempo hanno conservato intatta la loro imponenza architettonica. La Valle dei Templi sorge nella parte più a sud sulle vestigia dell'antica città e comprende numerosi templi edificati nel V secolo a.C.. Essi furono costruiti con tufi calcarei locali in stile dorico e rivolti verso est, per rispettare così il principio secondo cui la statua raffigurante la divinità, posta all'interno della cella d'ingresso, venisse illuminata dal sole nascente. La Valle è stata istituita a zona archeologica che si estende su una vasta area su cui si trovano, quasi allineati, i templi classificati con i nomi greci delle divinità. Ho deciso di seguire l'itinerario consigliato vedendo...
Il tempio di Zeus Olimpio (Giove)
che venne edificato per ringraziare il dio Zeus, in occasione della vittoria del 480 a.C. degli agrigentini sui Cartaginesi. In origine il tempio, che fu uno dei più maestosi dell'antichità, era lungo 113 metri e largo 56 metri. Esso presentava una trabeazione sostenuta da colonne alte ben 20 metri alle quali si alternavano i cosiddetti Telamoni, cioè delle gigantesche statue con sembianze umane. Molti dei blocchi tufacei presentano tutt'oggi particolari incisioni a forma di U che servivano a contenere la corda con cui veniva sollevato e sistemato il blocco di pietra.
Il tempio di Castore e Polluce (Dioscuri)
venne eretto nel V secolo a.C., fu attribuito ai due gemelli nati dalla dea Leda e dal dio Zeus. Il tempio, che rappresenta il simbolo della città di Agrigento, conserva solo quattro colonne e una parte della trabeazione. Poco distanti da esso sono stati rinvenuti due altari sacrificali, uno quadrato e uno circolare, appartenenti probabilmente ad un originario santuario dedicato alle divinità infernali.Il tempio di Eracle (Ercole)
il più antico e di cui oggi sono visibili ben otto colonne rastremate (assottigliate verso l'alto per apparire più alte).
Il tempio della Concordia
è l'unico giunto a noi nella sua integrità. Edificato nel 430 a.C., nel VI secolo a.C. esso fu trasformato in un edificio sacro, di cui sono ancora visibili le arcate inserite nelle mura della cella centrale. In esso sono presente imponenti colonne rastremate e la parte del fregio risulta decorata da triglifi e metope. Il nome Concordia deriva da un'iscrizione latina ritrovata nelle vicinanze del tempio stesso.Il tempio di Hera Lacinia (Giunone)
venne edificato intorno al V secolo a.C. e incendiato dai Cartaginesi nel 406 a.C.. Esso fu attribuito a Giunone, dea protettrice del matrimonio e del parto, e ha mantenuto inalterato nel tempo il colonnato (solo in parte restaurato nel 1900) della cella d'ingresso. Uscendo dal tempio verso est si trova ancora l'altare del tempio.
Mercoledì 10 Agosto 2005 - 18,00 --- Lunedì 15 Agosto 2005 - 9:30
Sono a Marzamemi vicino a Portopalo di Capo Passero nell’estremo sud dell’isola e alla sua tonnara. Qui mi attendono 8 giorni di relax e mare, sempre che resista visto tutto il ben di dio che ho attorno da vedere. Ho trovato un campeggio a ridosso del mare, basta attraversare la strada. La spiaggia è enorme e tutta libera, mi sono portata la mezza tenda della Decathlon, quella che funge da ombrellone, ma al momento sta svolgendo il ruolo assai più utile di guardaroba nella piazzola, a sto giro mi sono creata una suite.
E' la mattina di Ferragosto quando decido che è giunto il momento di esplorare i luoghi vicini, così sono andata alla Riserva Naturale di Vendicari acque cristalline, sabbia finissima e bianchissima. Speravo di trovare i miei zii, anche loro in vacanza qui con i cugini, ma solo la sera a cena ho scoperto che loro si erano addentrati di più nella riserva.
Marzamemi
Antico e fiabesco borgo di pescatori, sorto nel ‘700, sviluppatosi attorno alla tonnara al cui interno si trovano ancora testimonianze della vita marinara: barche, magazzini e attrezzature varie. La piazzetta con la chiesa di San Francesco di Paola, le abitazioni ad un solo piano e la settecentesca casa padronale dei principi di Villadorata sono servite per la scenografia di numerosi film di Gabriele Salvadores e Giuseppe Tornatore. Lo scrittore Vitaliano Brancati ha abitato la caratteristica casa rossa sulla romantica isoletta al largo dell’insenatura.
Portopalo di Capo Passero la Tonnara
Portopalo di Capo Passero è un piccolo paese posto all'estremità sudorientale della Sicilia. I suoi abitanti vivono del mare: i Portopalesi sono in prevalenza pescatori e d'estate accolgono cordialmente i turisti. Ricco di tradizione è il rito della mattina quando al porto arrivano i pescherecci: la banchina si affolla di compratori e inizia l'animata vendita del pesce. Di fronte Portopalo sorge l'isolotto di Capo Passero e proprio il corridoio di mare tra l'isola e la terraferma è un punto strategico per il passaggio dei tonni. Così quasi per tutto il novecento la Tonnara, di proprietà del Barone di Belmonte, esercitò un'intensa attività. La tonnara è costituita da reti disposte in modo da formare camere subacquee in cui vengono convogliati i pesci. Il complesso è completato da uno stabilimento per l'inscatolamento del tonno, ormai in disuso, dalla casa del raìs, colui cioè che dirige la mattanza, e dalla residenza della famiglia nobiliare. La mattanza del grosso pesce che popola il mare della Sicilia attrae sempre parecchi spettatori riservando forti emozioni contrastanti.
Vendicari
Martedì 16 Agosto 2005 - 10,30
Oggi giornata in sella. Mi dirigo verso Noto Antica. Una volta trovate le mura sulle montagne parcheggio Raja all’ombra di un ulivo per percorrere un po’ di strada sterrata a piedi e vedere dove porta, ma vedendo che l’orizzonte è abbastanza lontano e altri si addentrano in moto torno indietro e prendo Raja, in moto è tutta un'altra cosa. Oggi però le cose da vedere sono tante, così mi fermo a fare qualche foto ai resti di un altarino, dove la strada si divide e scatto qualche foto per poi tornare sui miei passi e continuare il mio tour.
La tappa successiva è Avola Antica, o meglio lo doveva essere ma sfortunatamente presa dalla guida non mi accorgo che, incastonata nella roccia che affianca la strada, c’era la vecchia città, e la oltrepasso. Sinceramente mi aspettavo delle mura e dei resti come per Noto, la prossima volta sarò più vigile. Per l’ora di pranzo sono sulla strada per Cava Grande, una riserva naturale che si estende nelle valli delle montagne e forma pozze di acqua cristallina. Di fronte alla discesa c’è un piccolo ristorantino e ne approfitto per mangiare qualcosa. Guardando la cartina mi sono innamorata del nome "Isola delle Correnti", così al ritorno supero Portopalo di Capo Passero e vado a vedere dal vivo cosa ha attirato la mia attenzione in modo così particolare. Visitando le bellissime spiagge a coste rocciose dell’Isola delle Correnti, scorgo poco distante in mezzo al mare una piccola isola in roccia sulla quale vi è costruito un castello in balìa del vento e delle correnti. Proprio in puro ApeMaila Style.
Si trova a 9 km ca a nord-ovest da Noto. Lungo la strada che conduce al luogo ove sorgeva la città vecchia, un'indicazione segnala l'Eremo di S.Corrado fuori le Mura, immerso nel verde. Vicino al santuario, settecentesco, si può visitare la grotta ove, nel XIV sec. visse il santo. Riprendendo la strada si incontra poi il Santuario di S. Maria della Scala. All'interno, alle spalle del fonte battesimale, si trova un bell'arco in stile arabo-normanno. Poco più avanti si giunge al sito ove sorgeva Noto prima del terribile terremoto deI 1693. L'antica città si sviluppava lungo il crinale dell'Alveria, chiusa tra due profonde gole che rendevano il sito facilmente difendibile. Attraverso la Porta Aurea ci si addentra fra le strade, un tempo gremite di gente ed ora immerse nella vegetazione, in un suggestivo percorso segnato da pochi ruderi che sbucano tra gli arbusti
Cava Grande del Cassibile
Per chi ama fare trekking abbiamo il percorso per voi: nei pressi di Avola antica, da un magnifico belvedere, si può godere dello splendido scenario offerto da una spettacolare gola naturale. Si tratta di una profonda incisione, scavata dal fiume Cassibile, lunga circa 10 km, in cui nel corso dei millenni, hanno trovato rifugio, oltre a numerose specie vegetali ed animali, anche varie civiltà, che in questa fortezza naturale hanno lasciato molte loro testimonianze. Le cave iblee hanno un’età di circa 50-80.000 anni, la loro formazione è dovuta alla solubilizzazione dell’acqua che nei millenni ha sciolto il calcare e al contributo dell’ultima glaciazione che 10-20.000 anni fa si manifestò con piogge di grande intensità che contribuirono ad erodere il terreno. Una delle più grandi è proprio la Cava Grande formata dal fiume Cassibile. Quest'ultima è la più profonda e impenetrabile, esplorata dall’uomo solo in alcune parti del suo sinuoso percorso. Cava grande del Cassibile è un grande canyon della lunghezza di circa 8 chilometri che raggiunge in alcuni punti la profondità di 250 metri. Il fiume che vi scorre, il Cassibile, prende origine in un’area con elevata piovosità nei pressi di Palazzolo Acreide, per sfociare poi a pochi chilometri da Avola. Una scalinata ricavata nella roccia, Scala Croce, immette all'interno della cava; la discesa, ripida, conduce sul greto del fiume Cassibile, da dove, seguendone il corso, si raggiunge un gruppo di laghetti. Il fondo valle è caratterizzato da una vegetazione a platani orientali, salici ed oleandri, che proteggono un fitto sottobosco ricco di piante lianose, equiseti, orchidee e biancospini. I bordi del fiume rappresentano l'habitat per la gallinella d'acqua, la rana, il rospo, il granchio di fiume e insetti. colorati. Risalendo si può imboccare in direzione nord ovest un sentiero che corre lungo un acquedotto risalente agli inizi del secolo, che, incanalate le acque del fiume e le convoglia a valle in un bacino. Qui domina la tipica vegetazione della macchia mediterranea a mirto e lentisco. Sul versante Nord della cava è ben visibile un grande antro, la "Grotta dei Briganti", all'interno del quale si trovano i resti di un antichissimo villaggio rupestre. Sopra il sentiero, su una parete sono presenti alcune tombe e una rete di cunicoli che collegano un sistema di grotte artificiali i Derli di Cava Grande. Il sentiero segue l'andamento naturale della parete, percorrendo una gola, "Fosso Calcagno", che si apre sull'altipiano. Il luogo è caratterizzato dalla presenza di donnole e volpi e di testuggini. Superato Fosso Calcagno troviamo, a causa dei numerosi incendi, soltanto piante erbacee. Oltrepassato un breve tratto pianeggiante il percorso ridiscende per un tratto intagliato nella roccia. Il paesaggio cambia continuamente. Abbiamo un susseguirsi di laghetti e cascate protetti da una fitta cintura di rovi è visibile nel fondovalle. Spesso si vedono volteggiare il gheppio e la poiana, che nidificano in queste gole assieme al corvo imperiale ed alla taccola. Superata una fitta macchia a rovi e spinaporci, il sentiero viene interrotto sulla sinistra da un'ampia trazzera che riporta sull'altipiano della campagna iblea. Qui si incontrano pascoli e antiche masserie e la vegetazione predominante è la gariga, con le sue essenze profumate: il timo, il rosmarino e la salvia. Caratteristica anche la palma nana mentre non è rara la vipera. Si segue la strada sterrata poco più avanti si incrocia un'altra trazzera, è necessario proseguire a sinistra per raggiungere la strada provinciale n. 4 Avola - Manghisi. La si imbocca ancora a sinistra per ritornare al belvedere.Avola Antica
L'antica citta', Abola, e' attualmente zona residenziale estiva ad oltre 400 m d'altitudine. Testimonianze preistoriche con tombe sicule a forno attorniano la cittadina, mentre lo stile medioevale si puo' osservare nel castello-fortezza del XIII sec. e in oltre 20 edifici sacri, dei quali alcuni di stile gotico.
Isola delle Correnti
L'Isola delle Correnti (dal latino "Currentium insula") è una piccola isola rocciosa, dalla forma rotondeggiante, estesa per circa 10.000 mq con l'altezza massima sul livello del mare di mt. 4. E' collegata alla terraferma tramite un caratteristico braccio artificiale, più volte distrutto dalle onde impetuose (attualmente il piccolo collegamento ha uno squarcio di 15 metri ed è profondo nei momenti d'alta marea un metro circa). Vi sorgono alcune casette abbandonate, mentre il nucleo abitativo centrale (dove decenni fa alloggiava il farista con la famiglia), di forma rettangolare con sul davanti un ampio spiazzale, è anch'esso in fase di decadimento, essendo da anni in disuso. L'Isolotto è perennemente battuto dalle onde del mare, quasi sempre in tumulto. Sul posto cresce poca flora, ma vi abbondano piantine di porro selvatico, capperi ed altri arbusti tipici della macchia mediterranea. Da qualche anno inoltre l'isola e una striscia di terraferma sono state utilizzate dalla facoltà di scienze, sezione biologia dell'Università di Catania, per esperimenti su alcune specie di insetti che qui si riproducono. Nel Novembre 1987 poi l'isolotto stesso, insieme ad una larga fascia di terraferma per una estensione di ha 63,625 è stata inclusa nel piano regolatore dei parchi e riserve naturali, per la presenza di vegetazione costiera con biocenosi alofile e psammofile relitte, tipiche della costa meridionale della Sicilia. Albergano pure ricci, conigli selvatici, oltre a varie specie di gabbiani come gli albatros. Da qui passano nel periodo del flusso migratorio degli uccelli acquatici dal Nord Africa alle coste siciliane, e nascondendosi dietro le alte dune sabbiose, si può osservare il loro migrare. Con i suoi 36° 38' 33" di atitudine nord e 15° 5' 19" di longitudine est, l'Isola delle Correnti è la punta più meridionale della Sicilia, dell'Italia e dell'Europa: l'Isola è il Sud, Tunisi e già settentrione. La temperatura è piuttosto elevata nel periodo estivo (si possono anche superare i 37° all'ombra), mentre tende a scendere nei periodi invernali, ma raramente o quasi mai sotto i 5°. Ed è in questa terra infuocata dal sole che si trova la preziosa argilla gialla e bianca con la quale non esiste bagnante, naturalista ed ambientalista, amante del naturale e delle rarità, che non abbia fatto i fanghi.
Mercoledì 17 Agosto 2005 - 9,30
L’ultimo giorno a Portopalo di Capopassero lo passo visitando Siracusa e il suo Parco archeologico della Neapolis. Che novità, un altro parco archeologico!… ahahah. Al riassetto della piazzola e preparazione bagagli dedicherò del tempo nel pomeriggio.
Siracusa
Il così detto Parco Archeologico della Neapolis (dal greco "nuova città"), che ospita la maggior parte dei monumenti classici della Siracusa greca e romana, fu realizzato, con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno tra il 1952 ed il 1955, con lo scopo di riunire in un unico ed organico complesso i maggiori monumenti di quell'antico quartiere. Prima della costituzione di questo "Parco", dall'estensione di 240.000 mq., i monumenti si trovavano in un contesto molto frazionato di proprietà private. Ma il primo vero monumento che si propone alla visita del parco è l'”Anfiteatro Romano” (II-IV secolo d.c.), posto quasi di fronte alla basilica, che rappresenta una delle realizzazioni edilizie più rappresentative della prima età imperiale romana. Immediatamente a ovest dell'Anfiteatro incontriamo l'"Ara di Ierone II" (III secolo a.c.), che rappresenta la terza grande opera monumentale che ci è pervenuta dell'antico quartiere della Neapolis. Più avanti, sulla destra, nelle immediate vicinanze del "Teatro Greco" (V secolo a.c.) che è il più grande teatro della Sicilia ed uno dei maggiori dell'intero mondo greco, si incontrano le ”Latomie”, tra cui la più interessante è la "L’atomia del paradiso, attraverso cui si giunge alla più famosa delle grotte di questo parco: quella detta "Orecchio di Dionigi", che costituisce la maggiore attrazione, assieme al teatro greco, per i turisti che visitano Siracusa. Fuori dal recinto del Parco Archeologico, più a Sud, all'inizio della cosiddetta Via Panoramica che porta alla sommità del colle Temenite, vi è un Teatro Arcaico scavato nella roccia con cavea rettilinea anzichè curva, detto "Teatro Lineare”. Per completare il quadro dei rinvenimenti archeologici nel Parco bisogna menzionare le opere di esplorazione, eseguite negli anni '50, riguardanti soprattutto il "Santuario di Apollo Temenite". Ai limiti orientali del Parco Archeologico all'incrocio tra viale Teracati e via Romagnoli, visibile dall'esterno, vi è la "Necropoli Notticelle", con le sue numerose tombe scavate nella roccia, tra cui quella detta "Tomba di Archimede".
L’Orecchio di Dionigi
è una grotta artificiale, imbutiforme, scavata nel calcare, alta circa 23 m. e larga dai 5 agli 11 m., con una singolare forma, vagamente simile ad un padiglione auricolare, che si sviluppa in profondità per 65 m., con un insolito andamento ad S e con sinuose pareti che convergono in alto, in un singolare sesto acuto. La grotta è, inoltre, dotata di eccezionali proprietà acustiche (i suoni vengono amplificati fino a 16 volte). Queste caratteristiche acustiche e la forma indussero Michelangelo di Caravaggio, che visitò Siracusa nel 1608 in compagnia dello storico siracusano Vincenzo Mirabella, a denominarla Orecchio di Dionigi, dando così forza alla leggenda cinquecentesca secondo la quale il famoso tiranno Dionisio avesse fatto costruire questa grotta come prigione e vi rinchiudesse i suoi prigionieri per ascoltare, da un'apertura dall'alto, le parole ingigantite dall'eco. In effetti, anche se a danno delle suggestioni e della leggenda, è opportuno sapere che la forma della grotta è semplicemente dovuta al fatto che lo scavo iniziò dall'alto, seguendo il piano di fondo di un acquedotto serpeggiante, e andò sempre più allargandosi in profondità, essendosi rinvenuta un'ottima qualità di roccia. A prova di ciò sulle pareti sono chiaramente osservabili le tracce degli strumenti di lavoro dei cavatori di pietra e, in senso orizzontale, i piani di stacco dei blocchi estratti. Verso est, contigua all'Orecchio di Dionigi, troviamo la Grotta dei Cordari, così detta perchè qui, a partire dal XVII° secolo, alcuni artigiani lavoravano la canapa e producevano corde di ogni tipo, favoriti dalla naturale umidità (la tradizione si è estinta solo pochi decenni fa). Di amplissime proporzioni, con una successione di pareti e di spazi, dalla volta sorretta da alti pilastri rocciosi, questa grotta è sicuramente la più suggestiva della latomia del Paradiso. Questi effetti vengono maggiormente esaltati quando il fondo è coperto di acque meteoriche o di falda che provengono da infiltrazioni della volta. Notevoli e distintissimi sono i segni dell'estrazione della pietra, sulle pareti e sui soffitti si osserva la successione dei piani di stacco dei blocchi asportati dal banco roccioso. Segue verso est la grotta del Salnitro la cui imboccatura è in parte coperta da un gigantesco masso crollato dalla volta, sul quale sono visibili, in forma quasi di gradinate, i piani di stacco dei blocchi calcarei.Teatro Greco
La parola theatron deriva quasi sicuramente dal verbo theaomai che significa guardo sono spettatore . In origine questa parola indicava la massa degli spettatori e solo più tardi indicò il luogo in cui essi convenivano. Ma con il IV° sec. a.C. essa indicò l'area destinata agli spettacoli. Le parti principali del teatro sono: la cavea, l'orchestra e la scena. Per aver un'idea della grandiosità del teatro, mettiamoci al centro del corridoio che lo divide (diazoma). Da Sofrone, V° secolo a.C., sappiamo il nome dell'architetto del primo teatro: Demókopos, anche se nel II° secolo a. C. fu ampliato. La parte meglio conservata è quella scavata nella roccia, mentre la parte alta della cavea è del tutto mancante, così l'edificio scenico. Tutti questi blocchi furono successivamente asportati dagli spagnoli nel XVI° secolo per la costruzione dei bastioni di difesa dell'isola di Ortigia. La cavea, oggi con solo 46 gradini, ha il diametro di 138.60 m. ed è divisa in 9 settori, detti cunei, da scalette laterali. La platea semicircolare era chiamata dai Greci orchestra, perchè vi danzavano i cori. La parola orchestra deriva dal greco "orcheomai" che significa danzare. La forma canonica è quella circolare e al di sotto dell'orchestra vi erano solitamente dei passaggi, usati con varie funzioni. A Siracusa tali passaggi fungevano da "Caronoi klimakes ", ovvero Scale Carontee, usate nelle rappresentazioni per le apparizioni spettrali. Oltre l'orchestra vi era la scena, di cui però non ne è rimasta traccia, solo numerose cavità e fori di difficile lettura. La parola scena deriva dal greco "skené, che significa tenda; infatti in origine era solo una tenda che costituiva la scena. Questo tipo di scenario pare sia stato introdotto dal siracusano Formide (V° secolo a.c.). Moltissimi sono stati i cambiamenti subiti da questa parte di teatro. Sicuramente al tempo dei Romani, il teatro fu modificato per le nuove esigenze degli spettacoli tipici di Roma: caccia alle belve, ludi gladiatori; altri ipotizzano, invece, diverse utilizzazioni del teatro, lasciando all'Anfiteatro il compito di ospitare questi giochi. La terrazza sovrastante il teatro, tagliata nella viva roccia del colle Temenite (dal greco "themenos"=recinto sacro), fu sistemata da Ierone II°. A questa vi si accedeva tramite una scalinata a centro ed una strada a sinistra, detta "Via dei Sepolcri". Di questa terrazza, probabilmente coperta da un grande portico forse per evitare la pioggia improvvisa al pubblico, oggi è visibile solo una banchina, tagliata nella roccia, ed una parte della pavimentazione in cocciopesto. Al centro di questa terrazza vi è scavata una grotticella artificiale detta " grotta del Ninfeo". Vicino alla grotta del Ninfeo, è possibile notare una costruzione non propriamente contemporanea al teatro: la cosiddetta " casetta dei mugnai".Necropoli Grotticelle
Con il nome di Necropoli Grotticelle si indica un'ampia area cimiteriale greca e romana nei pressi del Parco archeologico. Le tombe di età greca che occupano questa zona sono solo un lembo della vasta necropoli che si estendeva su tutto il pianoro, ai margini delle latomie, fino alla zona sovrastante al Teatro Greco. Tale necropoli restò in uso da un'età tardo-arcaica fino ad età ellenistica. Delle tombe a fossa, di epoca greca, resta ben poco, ma le tombe a camera, di epoca romana, sono numerose e, proprio ai limiti orientali del parco archeologico, tra alcune tombe a camera ricavate nella viva roccia (databili a età imperiale romana) ve ne sono due che interessano la sommità del banco roccioso e presentano la parte anteriore decorata da semicolonne doriche a rilievo , sormontate da un frontone a timpano. Quella rivolta a sud, e osservabile anche dalla strada che costeggia il parco, per tradizione è detta Tomba di Archimede. Ma si tratta in realtà di un colombario romano , cioè di una camera sepolcrale di età romana provvista all'interno di due ordini di nicchie per la sistemazione delle urne cinerarie. In effetti questa camera mortuaria non può essere quella del grande scienziato Siracusano, in quanto di epoca assai successiva alla sua morte: è stata datata tra il I° secolo a.C. ed il I° secolo d.C.. La vera tomba dello scienziato Siracusano, scoperta da Cicerone, doveva avere una colonna nella quale vi era raffigurata una sfera con un cilindro circoscritto. Lo scavo della zona in piano, immediatamente antistante alla Tomba di Archimede, ha restituito un breve tratto di fondo stradale e strutture murarie di età tardo-antica, appartenenti forse ad un edificio sacro impostato su un precedente impianto edilizio. Il tutto si sovrappone ad una necropoli con tombe a fosso o a cappuccine per la maggior parte di età ellenistica.Anfiteatro Romano
La cronologia dell'Anfiteatro Romano è piuttosto discussa, ma probabilmente fu costruito intorno al III° secolo d.c.. Lungo il viale che porta all'Anfiteatro sono disposti dei sarcofagi in pietra, rinvenuti nelle necropoli di Siracusa e Megara Iblea. L'Anfiteatro, scavato nella roccia tranne che nel lato Sud, presenta la parte superiore del tutto mancante. I grossi blocchi squadrati di cui era costituita furono asportati, in bseguito, dagli Spagnoli nel XVI° secolo per la costruzione dei bastioni di difesa dell'isola di Ortigia. Le dimensioni dell'Anfiteatro, di forma ellittica, sono notevoli: m.140x90. Sotto l'arena (m.70x40), chiusa da un alto podio, vi è un corridoio alto m.1.60, chiamato " crypta", che serviva per l'uscita dei gladiatori e degli animali feroci. Sopra il podio vi erano i primi gradini destinati agli spettatori di riguardo, con sopra scolpiti i nomi delle personalità che occupavano quei posti; a testimonianza di ciò, se ne trova ancora qualcuno di marmo con il nome. Seguiva, poi in altezza, l'ima cavea , la sola cavea rimasta, mentre la media cavea e la summa cavea si possono solo immaginare dalle fondazioni rimaste. Al centro dell'arena è scavato un sotterraneo (m. 15.50x8.70) profondo 2.50 m., dove erano posti i macchinari destinati agli spettacoli, come si può notare anche da altri anfiteatri della grandezza di quello di Siracusa. L'ingresso era a Sud, dove convergeva l'asse viario che divideva l'Acradina dalla Neapolis.Giovedì 18 Agosto 2005 - 9,30
Il mese di ferie è quasi giunto al termine e mi appresto a raggiungere l’ultima mèta di questo tour. Così caricata la moto e salutato i parenti incontrati a Marzamemi mi dirigo verso Taormina. Mi fermo a S.Alessio Siculo, località che si trova dopo l’Etna e dopo Taormina. Monto la tenda in tempo record, dopo tutto questo monta-smonta potrei partecipare alle olimpiadi dei campeggiatori, cambio d’abito e sono pronta per andare alle Gole dell’Alcantara: mi sono rinfrescata i piedi nelle sue fresche acque, ho esplorato le sue rocce e i suoi camminamenti, ma visto che non sono stata l’unica a volerle vedere per la troppa ressa sono risalita in moto subito o quasi. Nel tornare indietro mi sono fermata a Taormina per dare un occhiata alla città e al suo famoso Teatro Greco. Visto l’ho visto, da dietro il cancello però: ho perso la possibilità di visitarlo per soli 5 minuti, sicuramente i 5 minuti in cui mi sono persa per la città, ho vagato anche più di 5 minuti in realtà…
Gole dell'Alcantara
una tappa obbligata per i turisti che si trovano in visita nella zona, si possono raggiungere da Taormina-Giardini Naxos seguendo la statale 185 verso l'entroterra in direzione Francavilla di Sicilia per circa 13 km. Questo monumento naturale in roccia basaltica prese vita dall'eruzione del vulcano Monte Moio, la più eccentrica creazione dell'Etna, intorno al 2400 a.C. La colata lavica riempì l'intera vallata del fiume Alcantara fino alla foce sulla costa, dove i greci fondarono la prima colonia siciliana. Nella regione di Sciara Larderia il fiume di lava raggiunse uno spessore di 70 metri. Mentre la lava era ancora incandescente, movimenti tellurici hanno prodotto una sinuosa crepa longitudinale lunga circa 500 metri, profonda 70 e larga 5, che acquistò le sembianze di una gola. Solo in seguito le acque che si raccoglievano nel bacino che alimenta il fiume Alcantara cominciarono a fluire attraverso la fessura, da cui derivò il nome Gole dell'Alcantara. La costante azione dell'acqua ha levigato le pareti basaltiche della gola, producendo quell'effetto di lucido brillante che si può ammirare solo sotto la luce del sole. Le gole sono raggiungibili attraverso un sentiero o con un moderno ascensore. Per arrivare all'entrata delle gole è consigliabile utilizzare degli stivali di gomma che si possono noleggiare sul luogo e che proteggono dall'acqua gelida e dalle rocce appuntite. Le gole possono diventare un luogo pericoloso per persone non esperte o con poca familiarità con l'ambiente. A disposizione ci sono un ampio parcheggio, un bar, un ristorante e servizi di accoglienza per chi desidera fermarsi per la notte e gustare o acquistare eccellenti cibi preparati secondo ricette tradizionali.Teatro Greco
Il Teatro Greco di Taormina è il secondo dei teatri classici in Sicilia per grandiosità, dopo quello di Siracusa. È stato costruito in epoca ellenistica, mediante lo spianamento della cima del colle. Venne trasformato e ingrandito in epoca romana. Recentemente sono state effettuate numerose opere di restauro. L'edificio è stato costruito sfruttando la conformazione naturale del terreno, alcuni gradini della cavea sono stati ricavati direttamente dalla roccia. Un porticato a grandi pilastri circondava la sommità della cavea verso l'esterno. I ruderi della scena conservano la parete di fondo, in esso si trovano delle nicchie e delle colonne in marmo. La scena è ornata ancora oggi dagli stessi colori: il rosso dei mattoni, il bianco delle colonne in marmo, l'azzurro intenso del cielo. Dietro la scena sono presenti resti di portici e lateralmente i parascenia, destinati agli attori e agli arredi scenici. In età romana il teatro fu adibito a spettacoli gladiatorii, l'orchestra originaria fu trasformata in un'arena circondata da un alto podio. Alla scena rimaneva solo la funzione di prospetto decorativo, il teatro divenne di fatto un anfiteatro. L'acustica è ancora notevole.Venerdì 19 Agosto 2005 - 10,30
Dopo un abbondante colazione al bar del campeggio mi appresto a prepararmi per andare a visitare l’unica cosa che mi manca veramente di importante da vedere in Sicilia: l’Etna. Dopo aver mangiato in un ristorante a metà strada della salita per arrivare in cima, sono arrivata alla Cantoniera dell’Etna verso metà pomeriggio. Una volta parcheggiata Raja ho preso l’ovovia che mi ha accompagnata fino al mezzo fuori strada con il quale la guida esperta ha portato me e un piccolo gruppo di turisti a quota 2919 metri. Nonostante il fresco di montagna quando abbiamo toccato la terra che ricopre la roccia abbiamo sentito con grande sorpresa che la lava bollente che scorre a 10 metri di profondità ad una temperatura di 300°C scalda anche la superficie. Siamo riusciti a vedere solamente il terzo piano della Torre dei Filosofi (una vecchia torre in pietra costruita sul cratere)... si, solo il terzo piano! L’unico che fuoriusciva dalla cenere che si era depositata sulla superficie con gli scoppi del cratere, i due piani sottostanti erano interamente interrati. E’ stata un esperienza molto forte.
Etna
(Patrimonio dell’UNESCO dal 2013) - L'etna e' il vulcano piu' alto d'Europa ed è tuttora attivo. La sua presenza influenza profondamente tutta l'area nordorientale della Sicilia che dal vulcano prende forma e dal quale è condizionata per le colture, il colore del terreno, nonchè per i materiali edilizi. La sua mole domina tutta la provincia catanese; il cono, innevato per vari mesi l'anno, digrada dolcemente cambiando colore, dal bruno-viola al verde, verso il mar Ionio. L'Etna è un vulcano giovane, le sue prime eruzioni risalgono infatti a poco più di cinquecentomila anni fa. Questo maestoso edificio vulcanico, così come appare attualmente, con un'altezza di 3350 m e una superficie di 1250 Kmq, ed è stato originato a sua volta da almeno due grandi vulcani: il Trifoglietto, nella cui area si è andata formando nel corso dei secoli una vasta depressione chiamata la 'valle del Bove' larga più di 5 km, con pareti ripidissime, e il Mongibello, che è tuttora in attività quasi permanente. Sul cono terminale esistono oggi quattro crateri attivi: il Centrale, la Bocca Nuova, il cratere di nordest e il cratere subterminale di sudest. In passato si sono verificate anche eruzioni sui fianchi che ne hanno corrugato la superficie squarciandola con numerose spaccature e costellandola da centinaia di antichi crateri dalle forme più svariate. Tra le numerose eruzioni susseguitesi nel corso dei secoli (se ne possono ricordare circa 135), la più famosa e tragica fu quella del 1669 che, proceduta da tre giorni di terremoti, durò 122 giorni: i materiali eruttati formarono varie colline, tra cui i Monti Rossi, che modificarono notevolmente la fisionomia del vulcano e un gigantesco torrente di lava arrivò fino a Catania distruggendo una parte di città per poi gettarsi a mare. Per visitare l'Etna ci sono diversi itinerari, il primo ci fa percorrere una splendida strada panoramica (lunga circa 140 km) che parte da Catania e passa per paesini di grande interesse storico-artistico; il percorso va da Catania a Fiumefreddo lungo la SS 114, prosegue per la SS 120 fino al bivio dopo Randazzo dove prende la SS 284 per Adrano per concludersi ancora a Catania lungo la SS 121. Per raggiungere il vulcano due sono invece le vie d'accesso: Etna sud ed Etna nord. Etna sud. Partendo da Catania si raggiunge la sommità dopo circa 34 km attraversando i paesi di Gravina di Catania, Mascalucia (centro di produzione vinicola) e Nicolosi attraversato il quale si sale ancora per un'altra quindicina di km fino a Rifugio Sapienza. Quest'ultimo tratto è frequentatissimo dai motociclisti locali che, attratti dai maestosi curvoni in salita separati da rettilinei e un ottimo asfalto, si danno appuntamento in uno slargo più in basso per salire in gruppi fino al rifugio dove nelle domeniche assolate occupano un intero parcheggio con decine di mezzi. In mezzo a loro si può poi trovare anche qualche tedesco sulla sua BMW, personaggio che in realtà arriva casualmente in un qualsiasi giorno dell'anno. Prima del rifugio, più in basso, vi è l'Osservatorio astrofisico dell'Università di Catania, mentre da qui si prosegue con la cabinovia fino a quota 2600 m e quindi con i fuoristrada della SITAS si arriva fino al rifugio Torre del Filosofo (2900 m) e poi al cratere centrale. Lo stesso tragitto è comunque percorribile interamente a piedi senza pericoli. Nell'ultimo tratto si sente fortissimo l'odore dello zolfo, accompagnato da fumi che fuoriescono dalle fenditure nella lava. Il cratere, di una vastità impressionante, è formato da tre coni minori aperti da suggestivi squarci e voragini. Etna nord. Su questo versante si accede da Linguaglossa percorrendo un'altra bellissima strada in salita di 15 km. Questa è meno veloce con curve più strette una di seguito all'altra in un ritmo nevrotico che toglie il fiato alla giusta andatura! Anche da questa parte dopo una dozzina di km in salita vi è il 'rifugio dei motociclisti': il Brunek, facilmente riconoscibile sulla destra alla fine di uno dei pochi rettilinei e prima dell'ennesima curva. Continuando a salire si raggiunge Piano Provenzana a 1810 m, ottimo punto di partenza per la risalita ai crateri sommitali; da qui si può continuare a piedi o con i fuoristrada o anche in mountain bike. La strada, tracciata fra lave antiche e recenti, attraversa il piano delle Concazze e costeggia il rilievo dei Pizzi Deneri, dove sorge un moderno e attrezzato Osservatorio vulcanologico, fino a raggiungere quota 3000 m da dove si scorge un grandioso panorama sulle coste ionica e tirrenica. Da qui si può continuare fino al cratere centrale e può essere molto piacevole, facendo attenzione, un'escursione al calar del sole per la suggestiva visione che tutto l'apparato vulcanico offre a quell'ora. La ricca vegetazione che ricopre i fianchi del vulcano è distribuita a fasce d'altitudine. Si passa da una zona fertilissima coltivata ad agrumi, piante da frutto e vigne, che arriva fino a 1100 m circa, a una selvosa con castagneti, lecceti e splendide distese di ginestra e roverella, che raggiunge i 1500 m, cui segue la zona dei faggi e delle betulle, compresa fra i 1500 e i 1900 m. Si calcola che almeno un centinaio di lecci, larici e castagni dell'Etna abbia un'età superiore ai quattro secoli. Una rarità poi della flora dell'Etna è una pianta comunemente chiamata 'spaccasassi' che mette radici negli interstizi dei muretti di pietra. Al di sopra dei 2000 m inizia una suggestiva fascia brulla, ma la fascia più caratteristica si trova oltre i 1800 m, dove in analogia alle steppe dell'Asia Minore, spuntano qua e là cuscini di Saponaria e le masse verdi dello spino santo. Tra gli animali si trovano l'istrice, la volpe, il gatto selvatico, la martora, il coniglio, la lepre, la donnola, il topo quercino, il ghiro, il riccio. Moltissimi pure gli uccelli rapaci tra i quali lo sparviero, il gheppio, il falco pellegrino, la poiana, l'aquila reale.Sabato 20 Agosto 2005 - 10,30
Per tornare a casa decido di percorrere la strada dal lato del Mar Adriatico, così una volta sbarcata dal traghetto mi dirigo verso la Puglia, prendo l’autostrada a Taranto ed ecco che giungo in box a Corsico dopo 16 ore con il contachilometri che segnerà 4906 Km in più dalla partenza.
Album Fotografico: https://photos.app.goo.gl/j2sWGkjVVK8NgfNH9






















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